Analisi di comparabilità, i corretti criteri da adottare
Lorenzo Consonni e Davide Vecchione
Articolo tratto da “NTP Plus diritto – Sole 24 ore”
Al vaglio della Corte di Giustizia Tributaria di II° della Lombardia l’omogeneità delle caratteristiche societarie e la versione “temporale” della banca dati.
La recente pronuncia n. 45/2023 della Corte di Giustizia Tributaria di II° della Lombardia risulta particolarmente significativa in quanto:
• chiarisce i criteri con cui deve essere svolta correttamente un’analisi di comparabilità, a beneficio dei contribuenti che effettuano tale analisi all’interno della propria documentazione sui prezzi di trasferimento;
• ribadisce l’importanza per l’amministrazione finanziaria di adottare adeguatamente i principi statuiti dalle best practices in materia di transfer pricing, dal momento che in giudizio, grava sull’amministrazione l’onere della prova.
Venendo al caso di specie, i verificatori, nell’accertare la congruità delle operazioni intercompany poste in essere da un contribuente- una società attiva nella progettazione, produzione anche per conto terzi, vendita anche in e-commerce di prodotti tecnologici hardware e software- ha svolto un’analisi di comparabilità, adottando il metodo del TNMM e utilizzando come indice di profittabilità il “ROS” (Return on sales).
Come noto, il metodo del TNMM comporta lo svolgimento di un’analisi di “benchmark“, che implica l’utilizzo di banche dati specializzate, tramite cui ricercare società indipendenti, che presentino un profilo funzionale simile alla società sotto analisi, al fine di verificare che la marginalità della società analizzata sia coerente con i parametri di mercato.
La Corte, aderendo alle eccezioni sollevate dal contribuente, ha evidenziato alcuni errori metodologici in cui è incorsa l’amministrazione finanziaria.
I giudici hanno sottolineato innanzitutto un principio importante, ovvero che, al fine di ottenere un risultato affidabile e ragionevolmente solido, nell’ambito di un’analisi di benchmark, è fondamentale individuare società che abbiano caratteristiche dimensionali, geografiche e operative, omogenee alla società oggetto di valutazione.
Al riguardo, è stato evidenziato come l’amministrazione finanziaria, nella propria analisi di transfer pricing, abbia utilizzato, tra i criteri di selezione, un codice ATECO identificativo di società che operano in molteplici ambiti, quali il settore degli impianti termici, il settore dell’elettronica, il settore dell’agricoltura, il settore chimico etc…
Per i giudici, l’amministrazione finanziaria è incorsa in errore, in quanto non ha valutato, né effettuato una selezione puntuale di soggetti appartenenti allo specifico settore di riferimento del contribuente, bensì ha confrontato la società verificata con soggetti appartenenti a settori diametralmente opposti, arrivando così a risultati scarsamente affidabili.
Altro rilievo critico sollevato dalla Corte, ha riguardato la versione temporale della banca dati utilizzata dall’amministrazione finanziaria.
Nel caso di specie, l’amministrazione finanziaria aveva utilizzato una versione della banca dati di tre anni successiva a quella a disposizione del contribuente alla data di presentazione della propria dichiarazione dei redditi (i.e. anno fiscale 2012).
Sul punto, i giudici, ribadendo l’orientamento espresso dalla Corte in altre recenti sentenze (tra tutte la n. 4097/2022), hanno evidenziato come sia illegittimo l’utilizzo di una versione della banca dati differente rispetto a quella utilizzabile dal contribuente alla data di presentazione della propria dichiarazione, in quanto la quantità di dati presenti nelle differenti versioni temporali della banca dati possono variare significativamente e portare a conclusioni differenti.